Ci sono diverse scuole di pensiero, ma i numeri parlano chiaro: fare attività SEO è ancora necessario per il posizionamento di un contenuto tra i primi risultati di ricerca.
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Navigando in rete e facendo ricerche ti sarà capitato di vedere posizionate delle pagine web che non hanno, all’apparenza, nulla di speciale. Non contengono contenuti particolarmente rilevanti e non hanno chissà quale livello di scrittura, eppure sono lì, nell’olimpo della Serp di Google.
Com’è possibile? Tutti i guru del web marketing dicono che i contenuti di qualità sono indispensabili per poter anche solo ambire a scalare, poco alla volta, il ranking dei risultati e, invece, poi ci troviamo di mezzo questo tipo di pagine.
Per rispondere bisognerebbe tornare indietro di qualche anno per spiegare quello che ancora oggi è un valore molto importante, cioè la qualità SEO dei contenuti che pubblichi online.
Esistono due grandi scuole di pensiero su questo tema, quella guidata dagli specialisti in attività SEO e quella guidata da chi i contenuti li produce e li scrive, i copywriter e i creator.
Per i SEO specialist comandano i volumi di ricerca
Gli integralisti di questa fondamentale disciplina del web marketing mettono sempre al primo posto i dati e i numeri dei volumi di ricerca delle parole chiave, calcolati dagli strumenti Google.
Numero di ricerche mensili, competizione sulle keyword, livello di difficoltà: quello che ne esce, magari ragionando su keyword a coda lunga, cioè composte da più parole, è un elenco di parole chiave da passare a chi scrive il contenuto perché lo usi nei suoi testi.
Questo in passato ha creato pagine web assurde, ricche di parole chiave e termini il cui unico scopo era quello di ‘ingannare’ l’algoritmo di ricerca e far arrivare visite sulla pagina. Tutto questo senza avere la minima cura della soddisfazione dell’utente, che prima di trovare un reale contenuto di qualità, magari era costretto a incappare in decine di pagine inutili e speculative.
Con l’introduzione da parte di Google del concetto di ‘intento di ricerca’ le cose sono poi cambiate, per fortuna in meglio, anche se c’è un ‘ma’ che vedremo più avanti.
Per i Copywriter SEO, prima di tutto vengono i bisogni
Non è un caso che, da questo punto in poi, siano nati strumenti per identificare gli intenti di ricerca e non per parole chiave. Ubersuggest, Answer The Public, e tutti i loro fratelli, in base a un tema di partenza rispondono con domande o frasi che danno, o provano a dare, il senso di un ricerca.
Da quelle risposte è possibile ottenere un aiuto più concreto, rispetto alle parole chiave, sui temi intorno ai quali sviluppare dei contenuti, che siano testi o altro.
Se è vero che Google nel tempo è diventato un motore di risposte, sapere quali sono le domande che si fanno le persone che lo usano è un cosiddetto insight di grande valore.
Contenuti SEO: ma allora chi ha ragione?
La risposta non ha un vincitore assoluto, ma in effetti un vincitore ce l’ha, anche se con le dovute precisazioni.
Questo articolo del Content Marketing Istitute spiega molto bene, con esempi concreti e distinguendo per casistiche, il perché fare attività SEO sia ancora prioritario nella produzione di contenuti per chi vuole posizionarsi nei primi 10 risultati di Google.
Vengono citati diversi casi studio del rapporto tra qualità dei contenuti e ranking:
- Articoli di qualità fuori dalle prime posizioni
- Pagine mediocri nella top 10
- Pagine di qualità che si classificano bene
- Le pagine di un sito di qualità con risultati positivi e negativi in termini di visibilità sui motori di ricerca
- Contenuti di brand di qualità bassa ma con ottimo ranking
In tutti questi casi c’è una spiegazione che riconduce alla qualità SEO del contenuto, cioè al numero di parole chiave usate dei punti strategici, titoli di qualità SEO elevata, ecc.
Insomma, potremmo dire che il posizionamento ha ancora oggi un forte legame con le tecniche SEO. In particolare, questa bella spiegazione ci dice quali sono i tre fattori principali di ranking dal punto di vista SEO.
Ma quindi ha senso fare attività SEO per produrre contenuti di qualità?
Oltre ad aver ottenuto la nostra risposta, sappiamo però anche qualcosa di più.
Il sistema delle parole chiave è quello su cui si basa tutto il business pubblicitario di Google. È presumibile pensare che lo strumento di ricerca delle parole chiave di Google in qualche maniera gestisca i parametri che vengono assegnati alle keyword, in termini di competizione e volumi, in modo da orientare gli investimenti.
Quindi, se da una parte sappiamo che dovrebbe essere tenuto in considerazione l’intento di ricerca, dall’altra possiamo pensare che Google abbia tutto l’interesse a fare in modo che chi investe ottenga dei risultati tangibili, per invogliarlo a continuare a spendere in pubblicità.
In pratica, quello che fa Google è dare un colpo al cerchio e uno alla botte: da una parte le sue linee guida spingono alla produzione di contenuti e quindi ad alzare il livello di qualità e competizioni sulla loro fruizione; dall’altro aiuta e valorizza la parte di SEO (on-site e off-site), che rimane prioritaria per il suo business.
Cosa ci aspetta in futuro?
L’influenza di Google sui risultati della Serp è molto forte, così come dominante è la sua posizione come motore di ricerca preferito. Questo però non è detto che rimanga così per sempre e ci sono dei motivi per pensarlo. Tra questi:
- La sensibilizzazione sempre maggiore sui problemi legati alla privacy. Google traccia tantissimi parametri della nostra navigazione e delle nostre abitudini, sia da desktop che da smartphone. Non è detto che, dal GDPR in poi, questa ingerenza rimanga la stessa e che tutti quei dati che oggi Google collezione e usa, a fini commerciali, siano disponibili anche in futuro.
- Le tecnologie esponenziali. Google usa già diverse di queste, come machine learning e intelligenza artificiale, ma le stesse tecnologie sono accessibili anche dagli altri. In futuro potrebbero vedere dei modelli di ricerca alternativi, più rispettosi della privacy per esempio.
- Concorrenza. Oggi sembra utopia, ma non è detto che in futuro non ci sia qualcun altro che, anche grazie alle tecnologie esponenziali, proponga dei motori di ricerca alternativi e concorrenti. Sembra che Apple sia al lavoro su un proprio motore di ricerca, mentre nel campo della ricerca vocale, trend in fortissima crescita, Google ha già dei concorrenti di tutti rispetto, uno tra tutti Amazon.
A ogni modo, le tecniche SEO probabilmente si evolveranno, come è già successo in questo ultimo decennio, ma resteranno sempre fondamentali per il web marketing e per la produzione di contenuti orientati all’utente.
In fondo fare attività SEO non è altro che studiare quello che le persone cercano online, suggerendone i bisogni.
Se ancora non hai una strategia SEO, rivolgiti a degli esperti.
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